sabato 3 novembre 2012

LA CULTURA È "VOLANO ECONOMICO E IDENTITÀ DI UN POPOLO", MA NON TUTTI SE NE RENDONO CONTO



Sul Corriere della sera di giovedì 1 novembre, nella pagina Eventi, c’è un servizio di Marco Gasperetti, che, partendo dalla seconda edizione di Florens 2012, Biennale internazionale dei beni culturali e ambientali, che si tiene a Firenze dal 3 all’11 novembre, affronta il problema della cultura, definita da Giovanni Gentile, presidente della Fondazione Florens, volano economico e identità di un  popolo. Tutt’altro, quindi, rispetto alla infelicissima frase pronunciata da Giulio Tremonti, quando era ancora ministro dell’economia: “La cultura non si mangia”. Sembra, però, che pochi ancora se ne rendano conto. Né il governo, che con la spending review ha ridotto drasticamente i fondi per i Beni culturali, né la regione, e neppure i comuni. Che, è vero, devono fare i conti col patto di stabilità, che ne paralizza le iniziative, ma potrebbero quanto meno porre più attenzione alla tutela del paesaggio e al miglioramento della qualità della vita. Se l’abusivismo edilizio dilaga, tanto che le forze dell’Ordine sono costrette a operare sequestri a ritmo quasi quotidiano, vuol dire che la prevenzione è pressoché assente. Eppure – lo leggo nell’articolo del Corriere - Mauro Agnoletti, docente di Pianificazione del territorio agricolo e forestale dell’università di Firenze e coordinatore della commissione paesaggio del ministero, non ha dubbi: sarà proprio il paesaggio a dare un nuovo impulso al Bello redditizio. “Ma la scommessa – aggiunge -  è quella di capire qual è il valore aggiunto che solo i nostri paesaggi possono offrire senza concorrenza. Un esempio? I terrazzamenti delle Cinque Terre, spettacolo visivo eccellente ma anche humus per la produzione di vino e olio. O ancora i noccioleti della Campania, i frutteti dell’Irpinia, i limoneti della Costiera Amalfitana. Dobbiamo sostenere anche questo patrimonio contro la globalizzazione delle colture che rendono il territorio uguale ovunque”.
Altri settori d’intervento: i musei, i siti archeologici, ci aggiungerei le biblioteche, la piena fruibilità dei beni culturali e le peculiarità di ciascun territorio (storia, tradizioni, artigianato, ecc.) senza trascurare quelle enogastronomiche. Meno male che, almeno in questo campo, qualcosa si sta facendo.

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