Ho incontrato un paio di volte
soltanto Alfonso Bizzarri (Fofò, per gli intimi), amico carissimo di mio
cognato e di mia sorella, che me ne hanno sempre parlato con grande
ammirazione: per la cultura, la preparazione, la professionalità (era medico internista affermato,
svolgeva un’intensa e proficua attività sindacale all’interno della
categoria), ma soprattutto per la profonda e sentita umanità: qualità sempre più rara, oggi, tra gli
operatori sanitari, sulla quale egli, già nel 2003 - lo leggo in una cronaca dell'epoca -, poneva l’accento incontrando
un gruppo di maturandi delle scuole superiori a uno stage sull’orientamento
alla scelta universitaria.
Alfonso Bizzarri se n’è andato in
punta di piedi, di notte, nella sua casa napoletana, senza
sofferenze, senza neppure accorgersene. Con la serenità d’animo - dote peculiare di ogni uomo giusto e saggio - che lo
distingueva. Da ieri riposa nel cimitero di Rocchetta Sant’Antonio, il paese di
origine, dov’era nato il 25 settembre 1929.
“Medico d’altri tempi” lo hanno
definito nei necrologi, “figura esemplare di professionista e dirigente sindacale",
che ha dedicato l’intera esistenza “a una Sanità pubblica universale e
solidaristica e alla difesa dei diritti dei medici”.
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