C’è una foto, rimasta esposta per
più di quarant’anni nel bar san Domingo (che ora
ha chiuso i battenti), in fondo alla piazza del Duomo di Ravello. Ritrae il
presidente degli Stati Uniti John Kennedy, insieme con Jacqueline, colti dall’obiettivo
in uno dei loro momenti più felici. La dedica della First Lady d’America è per
Emilia Palumbo, “con tanti ringraziamenti per gli occhi dolci più deliziosi del
mondo”. In tre settimane di soggiorno nella cittadina della costa d’Amalfi la
bella Jackie aveva fatto grandi progressi nell’apprendimento della nostra
lingua. E questo perché lei, pur “imprigionata” da rigide misure di sicurezza,
amava forte il contatto con la gente. Le preoccupazioni non erano certo legate
alla situazione interna dell’Italia, ancora tranquilla. Gli Stati Uniti, però,
venivano dal duro braccio di ferro con l’Urss, per via delle basi missilistiche
a Cuba. Il presidente si era mostrato tanto risoluto nel gestire quella crisi
da far temere un conflitto. Riuscendo, alla fine, a far smantellare le
postazioni sovietiche. Rimaneva pur sempre il rischio di attentati. A Ravello,
Jacqueline fu ospite della sorella, principessa Radzwille, in quella stessa
Villa Episcopio che ha un ruolo non secondario nelle vicende di “Salerno
Capitale”. Fu lì che il 24 aprile del 1944 prestarono giuramento, nelle mani
del re Vittorio Emanuele III, i ministri del primo governo post-fascista
presieduto dal maresciallo Badoglio. Lei doveva rimanervi due settimane. Vi restò
quasi un mese, con la piccola Caroline e un seguito composto da bambinaia, segretaria
e due poliziotti del servizio di sicurezza. Il sindaco, Lorenzo Mansi, le conferì la cittadinanza onoraria. Lei aveva trentatrè anni ed era bellissima. Ogni mattina prendeva posto
su una Fiat 600 decappottabile, targata TO 375219, messa a sua disposizione
dalla Fiat. Arrivava ad Amalfi dove, al molo Pennello, s’imbarcava su un motoscafo
che la conduceva alla spiaggia di Conca dei Marini. Lì era attesa dai D’Urso e
dagli Agnelli. Faceva lunghe nuotate e praticava lo sci nautico, sport che
prediligeva.
Il sindaco di Ravello, Lorenzo Mansi, conferisce a Jacqueline Kennedy la cittadinanza onoraria |
Di solito, il rientro a Ravello
avveniva dopo il tramonto. Il 30 di agosto, Jacqueline si trattenne a cena
nella villa dei D’Urso, alla Marina di Conca, deliziata dalle specialità
culinarie locali. Era già notte quando, sulla via del ritorno a Ravello,
ordinò all’autista di imboccare, all’uscita della galleria di Atrani, la
strada che scende giù in piazzetta. Il mutamento di percorso, non previsto dal
protocollo – scrisse Umberto Belpedio, testimone oculare, inviato del “Roma” –
trovò impreparati gli uomini del servizio di scorta che aprivano il corteo. I
motociclisti della Polizia Stradale si accorsero soltanto in località
Castiglione, al bivio per Ravello, di essere stati “staccati” dalle auto della
First Lady d’America, che s’erano dirette invece allo “chez Checco”, un po’
taverna un po’ night club, situato nel cuore antico di Atrani: frequentato,
allora, dal “jet set” internazionale. Vi giunse all’improvviso con la sorella e
il cognato, in compagnia di Alessandro D’Urso, Gianni Agnelli, il principe
Ruffo di Calabria. Caterina Lingens, proprietaria del locale, quasi sveniva
dall’emozione. Mandò subito a chiamare il sindaco, che non si fece vedere.
Affidò quindi a una bimba il compito di offrire a Jacqueline un fascio di
fiori. “Benvenuta signora Kennedy” riuscì a dire la piccola con un filo di
voce. Lei ballò scalza fino a notte inoltrata. Pippo e Gianni, i due
chitarristi dello “chez Checco”, le dedicarono una canzone. Jackie si esibì al
microfono. Cantò “Dove sta Zazà”. Aveva detto, entrando, “Qui non voglio essere
la First Lady. Voglio vivere una serata come Jacqueline”. Dimostrava di
conoscere e apprezzare le nostre canzoni, quelle napoletane in particolare. A
Ravello aveva al suo seguito un cantante originario di Minori, Enzo (da lei
ribattezzato Ezio) Lembo, emulo di Perry Como, che aveva avuto modo di apprezzare
a Palm Beach. Le piaceva soprattutto ascoltare “Accarezzame”.
Allo “chez Checco” aveva chiesto
che non fossero ammessi i giornalisti. Rimasero fuori. Caterina fu di parola.
Rispettò rigorosamente l’impegno, rinunciando a sostanziose offerte in dollari.
Lei si scatenò nel ballo, a piedi nudi, fino alle prime luci dell’alba,
divertendosi come forse non le era mai accaduto. La stessa notte la notizia fu
catapultata dalle agenzie e dagli operatori dei mezzi d’informazione nei cinque
continenti. Il nome di Atrani, e le immagini più suggestive del suo paesaggio
(la piazzetta con la facciata della chiesa del Salvatore, le cupole maiolicate
e il campanile della Maddalena), arrivarono in tutto il mondo.
©
Sigismondo Nastri
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