martedì 26 giugno 2012

IL GRIDO D'ALLARME DI JEAN-MARIE PELT PER LA SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITA': "SENZA LA NATURA SAREMMO TUTTI MORTI DOPO DIECI MINUTI"


Sono grato alla mia amica Anny per l'opportuna segnalazione.

“Les dons précieux de la nature” (I doni preziosi della natura) di Jean-Marie Pelt, professore emerito di Biologia vegetale e di Farmacologia all’università di Metz, oltre che presidente dell’Istituto europeo di Ecologia, è un libro di grande interesse, come lo è del resto tutta la sua vasta e ricca bibliografia, ma soprattutto di straordinaria attualità. Peccato che non sia stato ancora tradotto in italiano (se non è così, qualcuno me ne dia notizia).
La natura – leggo in una nota editoriale – non ha prezzo, perché senza di lei noi non ci saremmo. La natura alimenta, guarisce e offre mille servizi gratuiti di cui non abbiamo neppure idea. Però i terreni coltivabili via via si stanno drasticamente riducendo. Come pure le riserve ittiche, dato che non ci si fa scrupolo a tirar su, dalle profondità marine, pesci che non hanno ancora raggiunto l’età per riprodursi. Si presume che, continuando così, i nostri mari resteranno vuoti nel giro di 40 anni. Anche le api sono in via di estinzione, e questo compromette l’impollinazione e quindi la produzione di frutta e legumi. Dappertutto le risorse scarseggiano e ciò che prima era gratuito diventa all’improvviso a pagamento. Ne paga le conseguenze la natura, che va in sofferenza per la nostra avidità. Se tutti, sulla Terra, vivessero come gli americani (ci si stava provando in Europa, prima della crisi dalla quale non si riesce ancora a uscire), sarebbero necessari quattro pianeti per far fronte ai loro bisogni. Ma noi non ne abbiamo che uno: il nostro. Il libro di Jean-Marie Pelt, edito da Fayard nel 2010 - sulla cui scia si pone  "Non dobbiamo uccidere la terra per sfamare l'uomo!, fresco di stampa - insiste per la salvaguardia di una biodiversità che, per la gamma di risorse che ci procura, è una vera e propria assicurazione sulla vita per l’intera umanità.
In un’intervista a Le Soir, il professore Pelt ha insistito su questo concetto: “Senza la natura, saremmo tutti morti dopo dieci minuti”.
Che la salute del pianeta sia a rischio è indubitabile. Se ne sta occupando  l’Onu, che ogni anno, il 5 giugno, celebra la Giornata mondiale dell’ambiente. Solo che, di fronte a enunciazioni di principio, mancano atti concreti, in sintonia con la Convenzione sulla diversità biologica adottata a Rio de Janeiro nel lontano 1992. "Sfortunatamente la biodiversità sta crollando”,  si legge in un rapporto delle Nazioni Unite. Il documento riferisce di una tendenza irreversibile: le specie stanno via via scomparendo, ma le conseguenze di quella che potrebbe essere, secondo gli scienziati, la sesta grande estinzione nella storia della Terra non arriveranno fra centinaia di anni, le stiamo già subendo.  Pavan Sukhdev, economista indiano che dirige l'Iniziativa per l'economia verde del Programma ambientale Onu (Unep), spiega che 1,6 miliardi di uomini dipendono dal legno e dai prodotti forestali, mentre ogni anno spariscono 13 milioni di ettari di foresta.
Ancora più grave, sottolinea il presidente del Museo di Storia naturale di Parigi Gilles Boeuf, è che non possiamo sapere quello che stiamo perdendo: "Forse la specie che è scomparsa ieri conteneva un importante principio attivo antitumorale – dice. - Ora non l'avremo più". Dai mammiferi ai virus a i batteri, vegetali e animali, sono conosciute e catalogate 1,9 milioni di specie viventi, ma la Terra dovrebbe ospitarne in totale tra i 10 e i 30 milioni. Per Boeuf, che parla di un ritmo di estinzione "fulminante", la metà potrebbe scomparire entro fine secolo. "Si valuta il ritmo attuale di scomparsa delle specie a oltre 100 volte quello dell'estinzione naturale", avverte l'Onu, che indica la perdita dell'habitat naturale come la prima causa del disastro annunciato. Sotto accusa lo sviluppo delle città, la sottrazione di aree sempre più vaste all’attività agricola, lo sfruttamento eccessivo delle risorse e l'introduzione di specie esotiche invasive.
"E' tempo di cambiare atteggiamento. Lo scenario ‘business as usual’ non è più accettabile",  dichiara Ahmed Djoglaf, segretario della Convenzione biodiversità, auspicando un reale impegno dei leader mondiali in occasione del vertice di settembre, a margine dell'assemblea generale dell'Onu.
In questo contesto, per nulla rasserenante, la Costa d’Amalfi si candida al riconoscimento come “Riserva Mondiale della Biosfera Mab Unesco”. L'assegnazione del titolo, che si andrebbe ad aggiungere a quello di Patrimonio Mondiale dell'Umanità conferitole nel 1997, è promossa da Acarbio - Associazione Costiera Amalfitana Riserva Biosfera, costituitasi nel 2009. Il 6 giugno scorso, il dirigente del Mab Unesco Miguel Clüsener-Godt è venuto in visita ufficiale per verificare la bontà della proposta.

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