Il telegiornale ha dato la notizia delle dimissioni di
Umberto Bossi da segretario della Lega. Travolto da uno scandalo non dissimile –
se non addirittura più grave – di quello esploso ultimamente nella ex “Democrazia
e Libertà – La Margherita”. Non è detto che non ce ne siano altri in itinere.
Sono trascorsi diciannove anni da quando, nel 1993, gli italiani furono chiamati ad
esprimersi, in un referendum, sul finanziamento pubblico ai partiti. E si espressero, in modo inequivocabile, col 90,3% dei voti, perché fosse abrogato. Problema risolto? Macchè. Appena un
anno dopo, il parlamento, facendo scempio della volontà popolare, lo
reintrodusse, mascherandolo sotto la voce “rimborsi elettorali”: cinque euro per ogni iscritto alle liste elettorali
della Camera. Leggo alcuni dati sul numero di marzo di Acqua&Sapone, una
rivista bella graficamente, ben scritta, documentata, offerta gratis ogni mese dall’omonima
catena commerciale. “Il vampiraggio è così salito dai circa 15 milioni di euro
per le politiche del 1999, agli oltre 500 milioni per rinnovare il Parlamento
nel 2008. Per attingere ai rimborsi, non importa essere eletti, basta ottenere
l’1% dei voti (fino al 2002 serviva il 4%). A ciò vanno aggiunti, sempre ogni
anno, 172 milioni di euro intascati dai gruppi parlamentari, i circa 80 milioni
di euro donati dai privati e i ricchi contributi statali ai 22 giornali di
partito o comunque collegati ai politici (quasi 40 milioni nel 2010)…”.
Di fronte a una spesa complessiva di 579.004.383 euro, dalle politiche del 1994 a quelle del 1998, i partiti hanno incassato dallo Stato la somma di 2.253.612.233 euro. E così, "grazie alla montagna di finanziamenti ricevuti, i partiti si sono trasformati in S.p.A. Gestiscono enormi patrimoni, hanno immobili intestati, decine di dipendenti, società controllate, ma a differenza delle aziende cui somigliano non producono assolutamente niente, se non molte parole. Hanno gli stessi obblighi contabili del circolo sportivo o della bocciofila - dice meravigliato l'autore di 'Partiti S.p.A. -, senza tutti i doveri di trasparenza delle aziende".
Questo avviene in un paese in recessione, con un debito
pubblico di 1900 miliardi di euro, che aumenta le tasse, riduce le pensioni,
non riesce a creare lavoro per i giovani, vede crescere a
dismisura il divario tra ricchi (e lo sono quelli che appartengono alle varie
caste) e povera gente.
Ho scritto poco fa su Facebook che i principi che hanno
prodotto la Resistenza, la nascita dello stato repubblicano, la Costituzione,
sono abbondantemente (e costantemente) traditi da chi ha in mano il potere. Come
se ne uscirà? Ci vorrebbe una rivoluzione. Forte, seppure non violenta. Ma "può esserci rivoluzione -
scrive Jean Jaurès - soltanto là dove c'è coscienza". Che - sottolinea
Somerset Maugham - "è la custode, nell'individuo, delle norme che la
comunità ha messo a punto per la propria conservazione". Qui non c'è
coscienza e le leggi sono disattese,
violentate. Impunemente. Dagli stessi che le promuovono e dovrebbero farle rispettare. La conclusione è che l'Italia è un paese destinato
sempre più ad affondare. Purtroppo.
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