Ho davanti a me il Corriere
del Mezzogiorno di venerdì 2 marzo e Il
Mattino di domenica 4 marzo. Il primo titola a piena pagina: “In Campania si tornerà a costruire”; il
secondo, “Cemento selvaggio, il Tar
accusa gli enti locali”. Insomma, mi sembra di capire, si vuol far
fronte all’abusivismo edilizio con una pianificazione più... morbida, che apra le porte a nuove costruzioni. Questo, almeno, il senso dell'iniziativa legislativa assunta dall’assessore regionale
all’Urbanistica, fatta propria dalla Giunta regionale che l'ha approvata in data primo marzo. Se, nonostante la
severità del piano urbanistico in vigore (legge regionale n. 35 del 1987), v’è stato lo scempio che è sotto gli occhi di tutti, figuriamoci che avverrà una volta
che ci saranno meno vincoli. Tanto, i controlli, se e quando ci sono, si rivelano inefficaci, perché arrivano a cose fatte.
Io non ho elementi per un'analisi globale del problema, diffusissimo in tutta la Campania, coste, isole, aree interne. Il Corriere del Mezzogiorno di oggi dà notizia di proteste da parte delle più rappresentative associazioni ambientaliste e di un appello al ministro per i Beni culturali "affinché denunci immediatamente l'illegittimità del provvedimento" che sarebbe in contrasto con l'articolo 9 della Costituzione e col Codice dei beni culturali. Confesso il mio pessimismo: rimarrà una voce, per quanto autorevole, "clamantis in deserto".
Nella Costiera amalfitana, dichiarata dall'Unesco "patrimonio dell'umanità", nel 1999 fu demolito il cosiddetto mostro di Fuenti, dopo un contenzioso avviato da Italia Nostra, seguito da una lunga battaglia giudiziaria, e spettacolari azioni dimostrative (da parte di Legambiente, Greenpace, Wwf): era un mega albergo di 34000 metri cubi di cemento, 24 metri di altezza, 2000 metri
quadri di superficie, che Antonio Cederna, già nel 1972, aveva definito "un misfatto ecologico esemplare”. Poi s'è tornato a costruire su quelle stesse macerie (sulla base di un progetto di riqualificazione dell'area) e, a manufatto pressoché ultimato, è intervenuto un nuovo sequestro. Eppure il cantiere era a vista, ai margini della strada statale. Possibile che nessuno dei possibili controllori abbia avuto la curiosità di dargli un'occhiata, in corso d'opera, per verificare se tutto era in regola?
Il Fuenti è diventato, universalmente, simbolo dell'abusivismo, ma quanti altri “mostri”, scrivevo il 21 agosto 2007, l’hanno fatta
franca? Consigliavo di sfogliare un vecchio numero de “La voce della Campania”.
O un altrettanto vecchio inserto dell’Europeo dal titolo “Il malpaese”, interamente
dedicato alla costiera.
Basta una traversata in battello da Salerno a
Positano (e oltre) per rendersi conto che il paesaggio è in continua evoluzione. “Work in progress”,
per usare un’espressione che va di moda. Dove un giorno sono posizionate reti
di plastica, verdi, che dovrebbero proteggere le piante di limone da freddo, pioggia
e grandine, ecco che l’indomani ci puoi trovare una casa. “Sbocciata”
dal nulla, all’improvviso. Di sequestri sono piene le cronache quotidiane dei giornali. Ma non si poteva
intervenire al primo colpo di piccone o alla prima cardarella di calcestruzzo?
Mi torna spesso in mente l’immagine
delle tre scimmie "sagge”: una che
si tappa le orecchie, un’altra gli occhi, un’altra ancora la bocca.
Quando ci colpisce una disgrazia (il costone roccioso che precipita, l'esondazione del torrente, per citare gli episodi più recenti), e ci
scappa il morto, eccoci tutti a imprecare contro la natura “matrigna”, a discutere
di tragica fatalità... Ma se davvero si tratta di fatalità, perché il presidente del Tar della Campania, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha tirato in ballo “l’inefficienza
e la tolleranza nel controllo e nella gestione del territorio” da parte, ovviamente, degli enti locali?
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