Vladimir Jankélévitch (da: radio.rai.it) |
Per la “Primavera
Einaudi”, rassegna
letteraria organizzata dal Comune di Salerno - Assessorato alla Cultura, dal Punto Einaudi di Salerno
e dall’Associazione
“Koinè”
e dedicata a Giulio
Einaudi nell’anno del centenario della sua nascita,
appuntamento alle ore
18.00 di martedì
3 aprile, presso il Punto Einaudi
di Salerno. In programma, la presentazione di due opere del filosofo
francese Vladimir
Jankélévitch: “Il non-so-che e il quasi-niente” e “Da
qualche parte nell’incompiuto”. La serata sarà condotta
dalla curatrice dei testi, Enrica
Lisciani Petrini, docente di Filosofia teoretica presso
l’Università degli Studi di Salerno, e vedrà gli interventi di Giuseppe Cantillo,
professore ordinario di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di
Napoli “Federico II”, Aldo
Trione,professore ordinario di Estetica presso l’Università
degli Studi di Napoli “Federico II”, e Maria
Giuseppina De Luca, docente di Estetica e Filosofia delle Arti
presso l’Università degli Studi di Salerno.
Opera
emblematica del suo modo di fare filosofia, “Il non-so-che e il
quasi-niente”
è dai più definito il cardine della riflessione filosofica di Jankélévitch.
"Una filosofia che cerca di pensare il mutevole,
l’ineffabile che non è l’effimero, inseguendolo in tutti i suoi infiniti
meandri e nelle innumerevoli forme che via via va assumendo. Il testo
fu dato alle stampe dall’autore negli anni ’50, in una temperie storica ancora segnata dai
postumi del conflitto. Si presentava in una maniera volutamente inattuale e forse proprio per questo non ebbe
subito la meritata forza d’impatto sul pubblico: quelle tracciate al suo
interno erano coordinate filosofiche differenti rispetto alla consolidata
riflessione del tempo".
In un momento in cui gli astri
di Hegel, Husserl e Heidegger rifulgevano nel firmamento della
filosofia europea, infatti, Jankélévitch apriva un varco inatteso
verso un altro orizzonte di pensiero. Nozioni
apparentemente fuori dal tempo, come quelle di “grazia”,
“innocenza”, “semplicità”, o riferimenti desueti
a Plotino, Juan de la Cruz, Gracián o Brémond, restituiscono solo in parte la
direzione di questo sguardo sagittale che taglia, con effetti ancora non del
tutto sondati, il campo del sapere contemporaneo.
Con “Da
qualche parte nell’incompiuto”, invece, si ha la
possibilità di arrivare al “cuoresegreto” del pensiero di Vladimir Jankélévitch. L’opera (anch’essa a cura di Enrica Lisciani Petrini) trova il proprio epicentro in
un’interrogazione intensa e radicale della pratica quotidiana: «Che significato conferire allo scorrere,
apparentemente insensato, dei giorni? Come rispondere delle proprie azioni in
un mondo caratterizzato dalla sconnessione dei valori e dall’assenza di
fondamenti? E che rapporto istituire con quelle degli altri, quando esse, come
nella stagione nazista - vissuta in prima persona dall’autore - assumono il
volto insostenibile della menzogna e della violenza?».
La risposta di Jankélévitch si situa nel difficile punto d’incrocio fra
irreversibilità indelebile del passato e contingenza
indeterminata dell’avvenire. "Come in
uno spartito musicale, solo la capacità di seguire il ritmo dell’esistenza
nel suo
battito alternante
consente di stringere in uno stesso nodo rigore e duttilità, responsabilità e
intelligenza, profondità e leggerezza. Nelle pagine del libro si delinea, forse
per la prima volta in tutta la sua complessa figura e in tutta la ricchezza dei
suoi registri tematici, il profilo di un pensiero che, per la sua
originalità e forza morale, trova pochi riscontri
nella filosofia contemporanea".
Nessun commento:
Posta un commento