Sono stato, venerdì sera, all’inaugurazione della mostra di
Mario Carotenuto al Catalogo, qui a Salerno. Titolo: “I dipinti del gallerista amico”, cioè
quelli della collezione di Lelio Schiavone. Alle pareti, diciotto opere, non di
grandi dimensioni, risalenti per lo più agli
anni cinquanta e sessanta: marine, interni, nature morte, un ritratto, una luminosa
Venezia invasa da un nugolo di farfalle
(c’è stato un periodo in cui erano, le farfalle, elemento rituale della
sua pittura, forse perché metafora della fugacità della vita o, più
probabilmente, simbolo di leggerezza, di libertà).
Mario Carotenuto e Lelio Schiavone |
Carotenuto è un pittore che ha attraversato sessant’anni del
novecento, ne ha largamente condiviso le tendenze e i movimenti che lo hanno
caratterizzato (il collage, ad esempio), ha guardato con attenzione a Manet (mi viene subito da citare Le déjeuner sur l'herbe), a Matisse, a Morandi, allo stesso Guttuso, col quale ha
avuto rapporti diretti, rimanendo però sempre se stesso, e si proietta ora nel
terzo millennio, conservando – intatti - l’entusiasmo, la curiosità (gran
bella dote), la voglia di continuare a essere interprete sensibile della realtà,
del mondo che lo circonda. A chi sosteneva che gli anni sessanta sono stati
quelli della raggiunta maturità ha risposto che non si sente maturo. Nel senso
di arrivato. Ha ancora tanta voglia di osservare, capire, apprendere, soprattutto di lavorare.
E’ bastato ascoltarlo, questo “giovanotto” nonagenario (è nato nel 1922 a
Tramonti), mentre – stimolato da Paolo Romano, Francesca Salemme e Massimo
Bignardi – si raccontava e, contemporaneamente, raccontava le vicende salernitane di un così lungo arco di tempo, con
lucidità, spiccato senso critico, anche con ironia. Specialmente quando il
discorso lo ha portato a ricordare quei fantastici anni sessanta, in una città
che cercava di scrollarsi di dosso una dimensione localistica, per inserirsi in
un dibattito globale, animata da personaggi del calibro di Alfonso Gatto,
Filiberto Menna, Domenico Rea, Aldo Falivene, Vasco Pratolini, Paolo Ricci, Edoardo Sanguineti, senza dimenticare le
presenze di Raphael Alberti e Pier Paolo
Pasolini. Una città, allora, animata da una vita culturale intensa, che ebbe
i suoi punti di riferimento dapprima ne L’Incontro, la galleria d’arte
di Feliciano Granati, in via Mercanti, diretta proprio da lui, Carotenuto, e
poi nel Catalogo di Lelio Schiavone, dove
nel febbraio del 1968 fu allestita la sua prima mostra antologica.
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