La sera di martedì 29 agosto 2000 mi trovavo a Minori, nella sede di è Costiera, il mensile del quale ero all’epoca direttore. Con gli amici della redazione stavo allestendo il numero della rivista da mandare alle stampe. Erano da poco passate le venti quando fui avvertito da casa che era giunta una strana telefonata – strana per i toni, piuttosto perentori –, con la quale si chiedeva di me. Passò un quarto d’ora e la cosa si ripetette. Capii che in famiglia erano preoccupati. Cercai di accelerare il lavoro per poter rientrare presto. Tornai tra le 22.30 e le 22.45.
Il telefono non tardò a squillare. Me l’aspettavo. Alzai la cornetta e subito, dall’altra parte, una voce maschile mi disse che avevo dato molto fastidio e che "la dovevo finire di rompere i c…”. Risposi che non capivo a cosa ci si riferisse. Ma la voce insistette: “Lo sa benissimo”. Gli fece eco almeno un’altra persona. “Se non la smette – concluse – vengo e risolvo il problema. Sono pagato per questo”. Non ebbi modo di replicare perché la comunicazione s'interruppe bruscamente.
Il giorno prima, sul quotidiano Il Nuovo Mezzogiorno, avevo firmato l’editoriale dal titolo “Consigli agli OO7” nel quale affrontavo il problema degli incendi boschivi in Costa d’Amalfi.
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