lunedì 30 gennaio 2012

AGEROLA, MERCOLEDI' LA "GIORNATA DELLA MEMORIA"


La “Giornata della Memoria” sarà celebrata ad Agerola mercoledì 1° febbraio, nella sala convegni dell’hotel Le Rocce, con questo programma:
-          Ore 10, Incontro con gli studenti
-          Ore 17, Incontro con la cittadinanza
Modera la dottoressa Diana Pezza Borrelli, presidente dell’Associazione Amicizia Ebraico-Cristiana di Napoli.
Intervengono: prof. Giuseppe Mannini, consigliere comunale con delega alle Politiche educative; dottoressa Alberta Levi Tamin, ebrea sopravvissuta all’Olocausto; prof. Luca Mascolo, sindaco di Agerola.
Intermezzi musicali a cura dei maestri Angelo Mannini e Giovanni Fusco.

AGEROLA, UN MASTER IN FOOD CULTURE E COMMUNICATIONS



Un master internazionale in "Food Culture e Communications" ad Agerola? E perché no, considerate le risorse  -  tipiche, genuine, di grande attrattiva -  di questa cittadina, che rappresenta il cuore dei monti Lattari. L'iniziativa, voluta fortemente dall’amministrazione comunale, in collaborazione con Slow Food Campania ed in particolare con la dottoressa Donatella De Nuptiis, esperta in Turismo enogastronomico e Food culture, mira a fornire agli studenti una conoscenza approfondita del concetto di qualità attraverso un approccio antropologico, storico ed economico del consumo alimentare, per arrivare alle strategie di comunicazione, promozione e vendita.
Carlo Petrini (a destra) e il sindaco di Agerola
Giovedì 2 febbraio, 29 studenti, esperti e professionisti del settore, appartenenti a sedici nazionalità diverse, provenienti dall’Università di Scienze Gastronomiche, ideata dal fondatore di Slow Food Carlo Petrini, faranno tappa ad Agerola nel loro viaggio didattico alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche locali. Lezioni, esercitazioni e degustazioni renderanno merito al vasto paniere gastronomico di cui Agerola vanta in termini di qualità e genuinità (basti ricordare la mucca 'agerolese' e il provolone del Monaco, l'arte della salata, l'insuperabile tarallo e i favolosi biscotti di grano integrale o di granone).
“Ospitare questo genere di attività didattica – dichiara il sindaco, Luca Mascolo - significa offrire esperienze formative inedite e innovative, dove la conoscenza dei saperi tradizionali avviene non solo attraverso il normale percorso accademico con lezioni frontali in aula, bensì attraverso l’interazione diretta con i contadini e i produttori, i veri manutentori del territorio”.
Il Master post-lauream in Food Culture and Communications è rivolto principalmente ad un pubblico internazionale che desidera sviluppare un approccio innovativo allo studio del cibo e ai suoi codici comunicativi. E come tale oggetto di studio è la varietà delle culture materiali e delle gastronomie del mondo, le forme e le tradizioni legate al cibo, dal punto di vista della valorizzazione delle tecniche di trasformazione delle materie prime in alimenti che rispecchino i criteri di qualità (in relazione alla cultura del paese di origine), salubrità (conoscenza ed esaltazione della biodiversità) e sostenibilità ambientale, economica e sociale.




sabato 28 gennaio 2012

LA STORIA DEL CINEMA "DIANA" DI AMALFI NEL RICORDO DI ANIELLO LAURO. LA "CAUSA DELLA SCORREGGIA"


M’è capitato nelle mani il n. 198 de “La Voce del Pastore”, bollettino della Parrocchia di sant’Andrea apostolo di Amalfi,  datato gennaio-giugno 2010. Nelle pagine 12-14 vi trovo la storia del cinema Diana, punto di riferimento di quelli della mia generazione, raccontata da un protagonista, Aniello Lauro, che ha percorso le orme tracciate dal padre, l’indimenticabile Bartolo Lauro, ‘o direttore, come tutti lo chiamavamo.
Aniello ricorda che la passione per il cinema ha coinvolto quattro generazioni della sua famiglia, da quando nel 1907 il nonno, mast'Aniello, maestro falegname, decise di aprire ad Amalfi la prima sala, che chiamò pomposamente “teatro Verdi”.  Era nel vicoletto (‘e dooje mure) che porta a santa Maria Maggiore, ai piedi della scalinata, e aveva una capacità di 250 posti tra platea e loggione. Vi si rappresentavano soprattutto operette. Quella via però era stretta e, di conseguenza, per motivi di sicurezza, nel 1919 arrivò un provvedimento di chiusura.
Mast’Aniello non si perse d’animo. Trovò un altro locale idoneo, sulla prima rampa delle scale che conducono a san Giacomo. L’anno seguente ne affidò la gestione al figlio, Bartolo, che subito si meritò il titolo di…  ‘o direttore. Con l’avvento del fascismo il “Verdi” divenne  “cinema Dux”. E quando, nel 1937, il regime vietò ai locali pubblici di usare questo nome,  fu ribattezzato “Impero”. Poi, nel 1945, a guerra terminata, “Diana”.
La sala, piuttosto piccola,  era ripartita in due livelli, la platea sotto, la loggia sopra, e poteva contenere al massimo 120 spettatori. Ma quando si proiettava un film importante c’era chi si accontentava di vederlo in piedi, mettendosi appoggiato alla parete.
Nel 1947, riferisce Aniello Lauro, ad Amalfi si aprì anche la sala “Roma”, gestita da un maestro elementare (Negri).  Era in via Pietro Capuano, all’angolo con via santa Maria Maggiore (‘e ddoje mure).  I due cinema venivano così a trovarsi a una distanza di venti, venticinque metri l’uno dall’altro. Ci fu subito concorrenza. Nei tabelloni, scritti a mano col pennello, che annunciavano la programmazione, cominciarono ad apparire frasi di sfottò, da parte di Bartolo Lauro, che era un personaggio intelligente, dinamico, brillante, arguto. Capitò, così, che un giorno al “Roma” si proiettava “I Sette Gladiatori”. Al titolo della pellicola Negri, sul manifesto, aveva aggiunto: “Sono i più forti”. “Ce ne vogliono ancora tre per eguagliare i miei dieci” replicò il patron del “Diana” sul cartellone che annunciava, in contrapposizione,  “I Dieci Gladiatori”.
Bartolo Lauro – sottolinea il figlio – nel corso degli anni escogitò ogni strategia per far presa sul pubblico. Si inventava la lotteria che consisteva nel sorteggiare un biglietto omaggio per il prossimo film, la domenica faceva portare al cinema una tinozza di gelati e ne offriva uno a ogni spettatore, distribuiva confetti in occasione del matrimonio di una sorella, riduceva il costo del biglietto nella ricorrenza del compleanno di un figlio o della nascita di un nipote.
Fatto è che la sala “Roma” andò in crisi e dovette chiudere di lì a poco.
Nel 1950, nacque, in un edificio di nuova costruzione, il cinema “Iris” (poi “Odeon”, ora “sala Ibsen”), moderno, con una capienza di cinquecento posti. Fu inaugurato - c'ero anch'io quella sera - con “Marcellino pace e vino” alla presenza del sindaco, dell’arcivescovo e di tutte le autorità locali. Bartolo Lauro corse subito ai ripari, ristrutturando  il “Diana” e rinnovando  le apparecchiature (acquistò un proiettore con cinemascope) e le suppellettili. Nel 1958 fu premiato con medaglia d’argento e diploma per la sua attività ultraventennale. Il 10 ottobre 1961 ricevette l’onorificenza di cavaliere dal presidente della Repubblica Gronchi. Meritato riconoscimento delle sue qualità umane e professionali. Senonché, appena un mese dopo, morì mentre stava giocando con i nipoti nel suo negozio di colori e ferramenta. La notizia fu accolta con dolore ad Amalfi e in tutta la costiera., dove era conosciuto e stimato.  La gestione del cinema passò ai figli.
Questa, in sintesi, la storia del “Diana” che rimase in funzione fino al 1980. Ma ci sono le ‘storie’, a volte esilaranti, delle quali Aniello si fa memoria. Riprendo il suo racconto: “Chi non ricorda il mitico Totò [Totonno] Esposito o Gigino detto ‘o Panzittone, nostri operatori che dalla cabina di proiezione diventavano protagonisti e all’occasione censori, aumentando o diminuendo il volume per una pernacchia fragorosa o coprendo con lo sportellino del proiettore una scena osé”, mentre dalla sala il pubblico reagiva con “fischi, pernacchie, applausi, urla spietate”. Sembrava di assistere – commenta Aniello – ai combattimenti tra Maciste e Ercole o alle cariche della cavalleria contro gli indiani. Ne facevano le spese i braccioli delle sedie. “Che sceneggiate, ma quanti danni!”.
Le ho ben presenti queste scene. Come mi ricordo che, a film appena iniziato, c’era immancabilmente chi apriva la porta di sicurezza in fondo alla sala, per far entrare un piccolo esercito di ‘portoghesi’. Per lo più ragazzi. “L’organizzazione – nota Aniello – era una sorta di assalto alla Bastiglia; dieci ragazzi facevano la colletta tra loro per un solo biglietto, il ragazzo col biglietto accedeva nella sala e, iniziato il film, nella semioscurità apriva la porta di sicurezza e da questa s’infiltravano tutti i ragazzi che avevano partecipato alla colletta, prendevano posto, ma, come in un vero film, arriva la polizia; mio padre ed io, individuati gli infiltrati, prendendoli per le orecchie li cacciavamo fuori come in un Saloon Western che si rispetti… Ma dopo poco il clan tornava alla carica”. Non c’era altro da fare che fingere di non vedere.
Ecco, infine, un episodio esilarante. Una sera si proiettava un film  d’azione, di quelli che tengono lo spettatore col fiato sospeso fino all’ultima scena. La sala era piena. Il silenzio, pressoché assoluto, fu rotto all’improvviso da una scorreggia. Possente,   come un petardo, proveniente da un gruppo di ragazzi seduti nelle ultime file. Altro che “elli avea del cul fatto trombetta” come leggiamo nella Divina Commedia (Inferno, XXI, 139). Mi torna alla mente un antico proverbio: “Tromba di culo sanità di corpo, chi non scorreggia è un uomo morto”.  Tanti anni fa, lo trovai pure scritto sul muro, a caratteri cubitali, in un ristorante italiano di Parigi, sito in rue Cardinal Lemoine. 
Quella sera, al “Diana” di Amalfi, il pubblico scoppiò in una risata altrettanto fragorosa, capace di togliere dall'impaccio l'anonimo... 'trombettiere'; non la pensò allo stesso modo un brigadiere dei Carabinieri che si alzò di scatto dalla sedia, ordinò di accendere le luci, quindi si mise a identificare uno per uno quei... ‘mascalzoni’. La situazione era a dir poco comica. Il responsabile (credo che si chiamasse Antonio) fu individuato (forse si autodenunciò per evitare noie ai partner) e incriminato per schiamazzo in luogo pubblico. Il giorno del processo, l’aula della pretura, in piazza Municipio, appariva gremita di gente. Non si capiva se il povero pretore, abituato a farsi carico di ben altri problemi, era più divertito o infastidito di doversi occupare della faccenda. L’imputato si giustificò: “Signor giudice, che volete, m’è venuta naturale. Non ce l’ho fatta a trattenerla. Ero tutto preso da una scena travolgente del film… e non me ne sono nemmeno accorto". Chiaramente mentiva, lo sapevano tutti che s'era trattato di una bravata.  La sentenza fu di assoluzione piena, perché “il fatto non costituisce reato”.

venerdì 27 gennaio 2012

LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE A CAVA DE' TIRRENI

Domani, sabato 28 gennaio, a Cava de' Tirreni, nel salone Paolo VI (piazza Duomo), sarà celebrata la "Giornata mondiale della pace 2012", nel solco dell'insegnamento di papa Benedetto XVI: "Educare i giovani alla giustizia e alla pace nella convinzione cche essi, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova spoeranza al mondo".
Questo il programma.
ore 18.30, Marcia della pace (raduno alle 18.00 in piazza san Francesco; corteo sino a piazza Duomo)
ore 19.30, Incontro-dibattito con Nicoletta Dentico, giornalista, attivista sui temi della cooperazione allo sviluppo e dei diritti umani, già coordinatrice della campagna italiana per la messa al bando delle mine e direttore generale di Medici senza frontiere in Italia, presidente di Filomena, la rete delle donne. 
Introducono: don Giovanni Pisacane, responsabile della pastorale giovanile; Antonio Armenante, coordinatore punto pace Pax Christi di Cava de' Tirreni. 
Riflessione finale di mons. Orazio Soricelli, arcivescovo di Amalfi-Cava de' Tirreni.
Nel corso della manifestazione sarà illustrata la proposta di costituzione della "Tavola giovanile della pace Cava de' Tirreni-Costiera Amalfitana".

"I GIORNI DELLA SHOAH" A CAVA DE' TIRRENI. MARIO AVAGLIANO PRESENTA "VOCI DAL LAGER"

"I giorni della Shoah... per non dimenticare": una rassegna dedicata alla "memoria", in programma a Cava de' Tirreni venerdì 3, sabato 4 e domenica 5 febbraio a cura delle Associazioni  “Koinè” e “Frida contro la violenza di genere”in collaborazione con l’agenzia di comunicazione MTN Company, il MARTE Mediateca Arte Eventi, l’industria poligrafica Grafica Metelliana,e col contributo dell’Associazione Giornalisti Cava – Costa d’Amalfi “Lucio Barone”, dell’ANPI Salerno e della casa editrice Einaudi.
«“Frida” si occupa di violenza - spiega la presidente Alfonsina De Filippis - e poteva mai dimenticare la Shoah? Una pagina di storia che non bisogna abbandonare perché crudele ed ignobile come ogni olocausto. E allora bisogna fare in modo che si conservi e si tramandi il ricordo». «Quello che ci lega a “Frida” è un rapporto di stima e di fiducia – aggiunge Luca Badiali, presidente in pectore di “Koinè”e proprio per questo abbiamo risposto con entusiasmo alla “chiamata”. La nostra è un’organizzazione che fa proprio delle collaborazioni uno dei suoi punti di forza. Ma soprattutto è un’associazione particolarmente sensibile ai temi storico-culturali. E quello della persecuzione e dello sterminio del popolo ebraico, della deportazione subita dagli italiani e del martirio di quanti si sono opposti al progetto di genocidio e, mettendo a rischio la propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati, sono argomenti da non obliare e da tramandare alle generazioni future».
Si parte venerdì 3 febbraio, alle ore 18.00 presso il MARTE Mediateca Arte Eventi di Corso Umberto I, con la presentazione dell’ultimo lavoro editoriale di Mario Avagliano e Marco Palmieri, “Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici italiani 1943-1945” (Einaudi, 2012). Moderato da Antonio Di Giovanni, presidente dell’Associazione Giornalisti Cava – Costa d’Amalfi “Lucio Barone”, l’incontro sarà impreziosito da letture e canti affidati a giovani amici di “Frida”: Marisa Annunziata e Giacomo Casuala (letture), Alessandro Avagliano (canto) e Stefano Torino (musica). Interverranno il coautore Mario Avagliano, la saggista Lidia Menapace e lo scrittore Aldo Pavia.
La proiezione del film di Mark Herman, “Il bambino con il pigiama a strisce”, in programma alle ore 9.00 presso l’Aula Consiliare di Palazzo di Città, caratterizzerà la giornata di sabato 4 febbraio. Con la partecipazione delle scuole secondarie di primo grado metelliane, la riproduzione della pellicola sarà seguita dagli interventi delle scrittrici Lidia Menapace e Maria Teresa Iervolino.
Infine, domenica 5 febbraio, alle ore 20.30, nel Duomo, a cura del “Coro d’altrocanto” (diretto dal M° Patrizia Bruno) avrà luogo lo spettacolo musicale “Un coro per Settimia Spizzichino”, l’unica donna sopravvissuta, insieme con altre 15 persone, al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. 

GIORNO DELLA MEMORIA

Nel Mein Kampf c’è scritto:  "Unwertes Leben zu vernichten,
bedeutet kein schuldigwerden"[i],
"Das schwache muss weggeraeumt werden".[ii]

Scorrono sotto gli occhi le immagini -
Auschwitz, Belzec, Bergen-Belsen,
Buchenwald, Dachau, Treblinka, Mathausen-Gusen -.
No, non è fiction, è il filo della memoria
che si rannoda al passato e ci fa arrossire
dell’essere uomini, dell’essere sopravvissuti.

Perché nei lager c'era gente come noi -
donne, bambini, giovani, anziani, senza nome,
solo un numero infamante sul braccio -
gente innocente, indifesa, uccisa da fame, fatiche, violenze,
massacrata nei forni e nelle camere a gas.
Un obbrobrio il nazismo, vergogna del genere umano. 

 “Il lager è una gran macchina per reduci e bestie”,
ricorda Primo Levi.  Teniamolo a mente: “Noi bestie
non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo
si può sopravvivere e perciò si deve voler sopravvivere,
per raccontare, per portare testimonianza;
e che per vivere è importante sforzarci di salvare
almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma della civiltà”.

Non lo dimentichi il mondo, né oggi né mai.







[i] Annientare una vita senza valore non comporta alcuna colpa
[ii] Il debole deve essere distrutto.

giovedì 26 gennaio 2012

PRESENTAZIONE A SALERNO DE "I NAPOLETANI" DI FRANCESCO DURANTE


Martedì 31 gennaio, alle ore 17, a Salerno,  nella Sala del Gonfalone del Palazzo di Città, presentazione de “I napoletani” di Francesco Durante (Neri Pozza editore)
Ne tratteranno, con l'autore, Raimondo Pasquino, rettore dell'università di Salerno,   Cettina Lenza, già preside della Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli,  Pier Luigi Rovito, docente di Storia del Diritto. Aprirà i lavori Rino Mele, presidente della Fondazione Ex Machina.
Un libro che - scrive il "Corriere del Mezzogiorno" (quotidiano del quale Durante è caporedattore) - tende a raccontare i tratti caratterizzanti di un popolo "non con un taglio sociologico, bensì con gli strumenti della scrittura narrativa. Per cogliere quel che oggi resta dell’identità napoletana, stratificatasi con forza nei secoli ma pure sfaldatasi di recente nell’urto con la modernità, Durante ricostruisce episodi inediti della storia urbana, indaga aspetti poco noti di personaggi della cultura e dell’arte e mette in piedi una 'Teoria' e una 'Pratica' della napoletanità, spostandosi con disinvoltura da scenari cinque-secenteschi alla più stretta attualità, quella di de Magistris e di Lavitola. Repertorio del 'genius loci' partenopeo, il libro di Durante resta assai lontano dalla fascinazione dei luoghi comuni e ricostruisce con una ricchissima messe di materiali la fisionomia di un popolo che spesso pare avvolto da un 'mistero' storico antropologico."
Appuntamento da non perdere.

LA PRIMA "JAM SESSION 2012" TARGATA FORUM DEI GIOVANI A CAVA DE' TIRRENI


“Ed ecco a voi la prima Jam Session del 2012 targata Forum dei Giovani!”. Comincia così la mail che ho appena scaricato sul mio pc. Mi blocco. Di che si tratta? Per fortuna c’è Wikipedia: “Una jam session è una riunione (regolare o estemporanea) di musicisti che si ritrovano per una performance musicale senza aver nulla di preordinato, di solito improvvisando su griglie di accordi e temi conosciuti (standards)”.
Leggo ancora: “Il termine, che probabilmente deriva da 'Jamu', una parola Youruba (Africa occidentale) che significa 'insieme in concerto', è nato negli anni venti negli ambienti jazz, e si è poi diffuso anche nel rock. Una jam session in genere non ha lo scopo di intrattenere il pubblico, ma è un ritrovo di musicisti che hanno così l'opportunità di provare nuovo materiale musicale e mettere alla prova la loro abilità di improvvisatori in confronto con altri strumentisti; a volte è semplicemente un ritrovo sociale.”
Chiarito questo, ricordo che l'appuntamento è fissato per questa sera, giovedì 26 gennaio, al Club Universitario di Cava de' Tirreni. Io non ho l’età, purtroppo  ('tiempe belle 'e na vota' mi verrebbe da dire!), e non so  strimpellare un mandolino o una chitarra. E nemmeno un tamburello. Quindi l’appello è indirizzato ai giovani. "Andate, portate uno strumento, troverete un impianto voce, una batteria, un amplificatore per basso e una tastiera." Come avvertono gli organizzatori, ognuno può decidere cosa suonare!
Durante la serata, inoltre, ci si potrà iscrivere al Forum e avere così il diritto a partecipare alle attività della nuova stagione, essere informati di tutti gli altri eventi, ritirare la copia omaggio del Forum Magazine, acquistare la bellissima Antologia di racconti fantastici "Altri mondi possibili", scritta interamente dai ragazzi, ma soprattutto ridere, scherzare, bere qualcosa  (mi raccomando: evitate gli alcolici) ed ascoltare della buona musica in compagnia!

AD AGEROLA, HOTEL LE ROCCE, L'ANTEPRIMA DI "RISATE E RISOTTI"


"La plus perdue de toutes les journées est celle où l'on n'a pas ris" (La più perduta delle giornate è quella in cui non si è riso) insegna Nicholas Chamfort (Massime e pensieri). E Laurence Sterne (Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l'Italia) aggiunge: "Un homme qui rit ne sera jamais dangereux" (Un uomo che ride non sarà mai pericoloso). Noi, più semplicemente, diciamo che "il riso fa buon sangue". Mixando bene il riso -cioè il ridere - con l’omonimo cereale,  che è uno dei prodotti d’eccellenza della nostra cultura gastronomica, è nata ad Orvieto una simpatica e... gustosa kermesse, “Risate e Risotti”, giunta ormai alla quinta edizione, capace di fondere armonicamente comicità e gastronomia.
Anteprima straordinaria, il 29 gennaio, nella cornice elegante dell’Hotel Le Rocce ad Agerola: un posto splendido,  dal quale lo sguardo abbraccia la Costa d'Amalfi e l'intero golfo di Salerno. 
Vi sarà la partecipazione di chef di livello nazionale come Antonio Villani (sous chef del prestigioso Hotel San Pietro di Positano), a cui spetterà il compito di abbinare il riso al vasto paniere di prodotti tipici dell'altopiano agerolese, presentando un gustoso menu, in collaborazione con Velia De Angelis, padrona di casa di “Chef per un giorno”, in onda su La7 e su Sky.
Alla proposta enogastronomica è associata una performance cabarettistica di qualità. L’artista ospite dell’anteprima è Paolo Neroni, macchiettista d’eccellenza e vincitore di un’edizione de “La Sai l’ultima”, il noto programma di barzellette condotto da Gerry Scotti su Canale 5.

mercoledì 25 gennaio 2012

"SE FOSSE SOLO QUESTIONE DI SESSO", IL PRIMO ROMANZO DI ALFONSO BOTTONE

Alfonso Bottone sulla scia di Tinto Brass? Leggo le prime righe di “Se fosse solo questione di sesso”, presentato qualche giorno fa nella saletta di Mondolibri, a Salerno (una libreria piccola ma ben fornita, con le scaffalature in ordine, seminascosta, in un sottoscala), e la domanda mi viene spontanea. Perché la cosa che salta subito agli occhi è la predilezione per il lato B, cara al regista di “Così fan tutte” e “Miranda”. Ma qui avviene in modo anomalo, inatteso: sono le donne, infatti, a perdere la testa “per la maniera di sculettare di un rappresentante dell’altro sesso”.  Le cose si mettono male, mi viene  da pensare.  Poi, proseguendo nella lettura, mi accorgo che la vicenda prende a scorrere in maniera – come dire? – lineare. Con  riferimenti espliciti e  descrizioni chiare, mica con sottintesi o semplici allusioni, senza però scivolare nella volgarità.    
“Se fosse solo questione di sesso”, edito da Terra del Sole, è un romanzo (breve)  articolato in quattro storie. Protagonisti, Stefano, scrittore di mezza età, “attraente e seduttivo” come lo definisce nella prefazione Cesare Lanza, allenato a consumare “rapporti lascivi con una quantità di donne”, tanto da far “fatica ad averne memoria”. E, naturalmente, le donne, Fiorella, Violante, Ester, Chiara, che danno il titolo ai racconti, con un unico filo conduttore: il sesso.  E se Fiorella, “sensuale e provocante”, sprigiona “una libido fragrante e avvolgente”, Violante non sembra “mai paga”. A sua volta, Ester, pure lei scrittrice, colpisce per le “labbra carnose” e i “seni straripanti”. Mentre Chiara - “gambe lunghe affusolate” - è capace di “far correre velocemente il piacere di un uomo dal cervello ai pantaloni”. Con quest’ultima il rapporto si limita a uno scambio di lettere, che sfocia in una confessione finale da parte di lei: “Io credo nell’Amore… ho uno stupendo esempio che sono i miei genitori: si cercano, si desiderano, si amano… dopo 40 anni di matrimonio. Che bello… cosa vale di più nella vita?”. Stefano, reduce da una vicenda matrimoniale disastrosa  ed è passato da un tradimento all'altro, si trova ora di fronte a un interrogativo: crede ancora nell’amore? “Dare a chi ti sta accanto, a chi raccoglie i tuoi momenti di felicità, ma anche di malinconia, a chi mette in comune con te non solo i sentimenti, tutti, quelli veri, ma interamente sé stesso, ha il gusto della vita?”. Intanto la radio manda in onda una canzone di Roberto Vecchioni: “Chiudi gli occhi, ragazzo, / e credi solo a quel che vedi dentro… / Sogna, ragazzo, sogna…”.
In appendice al libro, e in armonia con i suoi contenuti, alcune ricette erotiche  ("l'olfatto è il primo elemento di richiamo sessuale tra gli uomini", nota l'autore) e (per quelli che ci credono) l’oroscopo della sensualità.

martedì 24 gennaio 2012

"ERCHIE DIVENTERA' UNA NUOVA POSITANO"? LO SI DICEVA GIA' MEZZO SECOLO FA

“Erchie diventerà una nuova Positano”: è il titolo, virgolettato, di un articolo di Mario Amodio, sul Mattino di domenica 22 gennaio. Esso riprende una dichiarazione resa dal sindaco di Maiori dopo l’approvazione (finalmente!) del piano spiaggia, che dovrebbe mettere ordine in quella località, per lunghi anni abbandonata a se stessa. Tanto che, in più di un’occasione, gli abitanti hanno chiesto di essere aggregati al comune di Cetara. Il titolo dell’articolo di Mario Amodio è pressoché uguale a quello di un mio “pezzo” pubblicato su Cronache del Golfo il 20 ottobre 1957: “Sarà la ‘Positano dell’avvenire’ Erchie frazione ignorata di Maiori”. Insomma, sono trascorsi cinquantaquattro anni e siamo al punto di partenza. Anzi, in una condizione peggiore: da allora, quel piccolo territorio s’è radicalmente trasformato (e… deformato).
Perché m’interessai di Erchie, nell’autunno del 1957? Qualche tempo prima un lettore aveva scritto alla redazione di un grande rotocalco, Epoca, per avere “qualche ragguaglio su Erchie, frazione incantevole sconosciuta del Comune di Maiori in Costiera amalfitana”. La missiva suscitò vivo stupore e preoccupazione tra i redattori, ai quali era nuovo il nome di quel paese, non riportato sugli atlanti e sulle carte geografiche. Fu possibile soddisfare la richiesta solo grazie all’aiuto di Alfonso Gatto. Il poeta salernitano, invitato ad approntare la risposta, riandò con la memoria ai suoi anni giovanili e narrò che era solito, in compagnia di un amico, avventurarsi con una barca a remi, al crepuscolo, da Salerno fino a Erchie. “In quell’insenatura – scrisse Gatto – il mondo taceva come per incanto, la spiaggia di ghiaia bianca, l’acqua del mare verdissima e chiara sugli arenili. Poche voci tra le pergole dei giardini d’agrumi. In fondo alla valletta verde dell’insenatura, sotto lo strapiombo della strada costiera c’era una piccola osteria, una stanza. C’era pronto un piatto di aguglie fritte, quei pesci lunghi col becco e la spina verdissima, tenuti al fresco con l’aceto e la mentuccia. Una bottiglia di vino nero. Ritornavamo sulla spiaggia, infilavamo la bottiglia nella ghiaia dove batteva la maretta. Mangiavamo con le mani quel pesce odoroso e silvestre, bevevamo quel vino asprigno. Eravamo felici, parlando delle nostre speranze, dei nostri timidi amori. La notte rimaneva sempre chiara. Bevendo e bevendo, parlando e parlando, una notte ci capitò d’addormentarci. Ci risvegliammo che l’aurora tingeva il cielo di rosso. L’oste, prima di andare a letto, ci aveva coperto col tappeto dell’unico tavolo della sua osteria. Questo per me è Erchie”.
Spero che la previsione del sindaco di Maiori possa realizzarsi. Però mi domando: quanto rimane di quel paese tranquillo, ancora non invaso dalle auto, pittoresco, quasi un’oasi per anime elette (in un territorio – quello della Costa d’Amalfi - che a metà degli anni cinquanta  cominciava ad aprirsi alla massificazione del turismo), dove i giardini di limoni – poi  (ahi! ahi!) cementificati per diventare parcheggi – scendevano a terrazze fino a toccare il mare?

venerdì 20 gennaio 2012

E' MORTO IL VEP, PERSONAGGIO PITTORESCO, SIMBOLO DELLE BATTAGLIE AMBIENTALISTE IN COSTIERA

Raffaele Di Martino, ‘o VEP (“Volontario ecologico positanese”, come si definiva), se n’è andato ieri, a ottant’anni, nella sua casa di Positano. Personaggio pittoresco, sotto molti aspetti - l’abbigliamento, il modo grintoso, ma originale, di manifestare -, era un ambientalista autentico, tenace, disinteressato. Basti ricordare che, sul finire degli anni settanta, visto che non vi aveva provveduto il comune, si fece carico di mettere, a sue spese, i cestini portarifiuti lungo le stradine di Positano. Lo ricordo protagonista di tante battaglie, da solo e a supporto di iniziative promosse dal Wwf e da altre associazioni ecologiste. Cito quella in difesa della integrità della spiaggia di Remmese, cementificata per assicurare uno sbocco a mare all’albergo sovrastante.
Le pareti esterne della sua abitazione erano sempre tappezzate di cartelli: di denuncia e di protesta. Gli stessi cartelli con i quali si presentava a convegni e manifestazioni pubbliche. In costiera e non solo. Anche a Salerno, a Napoli e a Roma, davanti ai palazzi del potere. “Armato”  di  una scimitarra, o di enormi forbici o di un grosso rasoio, rigorosamente di legno: simboli  della volontà di dare un taglio netto a metodi, stili, comportamenti, non rispettosi della natura, del paesaggio, dell'ambiente. Una presenza, la sua, che non passava mai inosservata. E che, in qualche caso, gli procurò delle grane.
Nei momenti di relax gli piaceva cantare, accompagnandosi con la chitarra. Era dotato di una voce calda e intonata. Spesso lo chiamavano a esibirsi nei ristoranti sulla Spiaggia Grande di Positano. Come riferisce il fotoreporter Massimo Capodanno nel suo blog, il VEP è autore di una canzone in cui turismo ed ecologia si fondono in perfetta comunione tra loro. Ne fece un disco da 45 giri insieme col musicista statunitense Shawn Phillips. Sulla copertina la scritta: "’A Speranza Ecologica’… I Vep a Tutela della Natura fonte di vita dell’Umanità. L’ecologia è l’equilibrio e la difesa del sistema di vita sana”. Amava la fotografia. Ed era bravo a riprendere gli angoli più suggestivi del territorio ma soprattutto a documentare sconci, negligenze, abusi.  Cosa che, spesso, lo portò in rotta di collisione con i pubblici amministratori.
Il rito funebre si è svolto stamane nella chiesa di Santa Maria del Rosario ai Mulini, presenti il sindaco di Positano Michele De Lucia e l'ex sindaco Domenico Marrone.  Sulla bara, il suo cappello  con la scritta VEP e, accanto, uno dei suoi cartelli più significativi: “Lo Spirito immortale / dei veri difensori dell' Italia super VEP / Ordiniamo L'Italia pura, onesta, semplice / e bella deve / Risorgere e Vincere”.

martedì 17 gennaio 2012

ELOGIO DEL CARNEVALE E DELLA... "ZEZA"

"Nu poco 'e canto e ssuone Carnevale pure 'o vvò". Magari, recuperando la Canzone di Zeza che, quando ero ragazzo, si cantava ad Amalfi (come in tanti posti della Campania) agli angoli delle strade. Con Vicenzella che faceva l'occhio languido a Don Nicola:
Oi mamma mà che veco!
Nn'è chillo Don Nicola?
Mò proprio sarrà asciuto dalla scola!
Si chillo me vulesse,
io me lo spusarrìa
e cchiù sotto de tata nun starria.
 
E questi che confessava di aver perso la testa per la ragazza:
Bennaie tutto lu munno
'stu spantu de biddizza,
comm'a sumaru io tir''a capizza.
Pe' chesta faccia bella
nun trovo cchiù arricietto,
de lacreme aggio 'nfuso tutto lu lietto,
aggio pisciat''o lietto!
Mentre Zeza faceva la voce grossa al marito:
Sì pazzo si te cride
c'aggio 'a tenè 'nzerrata
chella povera figlia sfurtunata!
La voglio fà scialare
cu ciento nnammurate
cu prievete, signure e cu li surdate
pure cu 'e surdate!
 E il povero Pulcinella, costretto alla fine a dare il suo assenso al matrimonio, con un amaro commento:
Gnorsì songo contento,
maie cchiù io 'na parola
m'hanna cecà si 'a dico a don Nicola!....
Ma vuie signori mieie
nun ve 'nzurate maie,
pecchè cu 'na mogliera passate 'nu guaio!...
Passate 'nu guaio!
Un attento cultore di storia e tradizioni del territorio amalfitano, Salvatore D’Amato, che ha raccolto la testimonianza di un protagonista (Quirino D’Amato), scrive (ved. articolo sul Foglio Costa d’Amalfi, febbraio 2000) che “la rappresentazione aveva inizio di sera, all’imbrunire, nella Piazza dello Spirito Santo, seguendo un percorso abituale contrassegnato da vigorose soste nelle varie osterie che si incontravano lungo la strada, si portava a Piazza Flavio Gioia dove si concludeva con un’allegra quadriglia. La gente, sempre entusiasta, seguiva divertita ed attenta, formando nutriti turnielli, le scene a soggetto di Nicola Treglia (per molti anni l’esile e graziosa Zita – la figlia – detta anche Vicenzella), Vincenzo Livano (don Nicola), Emilio Proto (il padre – Pulcinella), Alfonso Cretella (Zeza – la madre), sostituiti, in seguito, alcuni di essi, da Giacomino e Antonio Milano e da Quirino D’Amato”.
Personaggi, scene, allegria, che conservo bene nella memoria.
Sul sito del Museo Nazionale delle Arti e delle Tradizioni Popolari trovo questa spiegazione: "Il nome di Zeza è il diminutivo di Lucrezia, tipico nome nobiliare molto diffuso a Napoli fin dal 1400, ma nella rappresentazione Zeza è una contadina che, proprio per il rovesciamento dei ruoli ammesso durante il Carnevale, ha un nome appartenente a una classe sociale diversa dalla sua. E’ comunque una intrigante e ruffiana, che fa in modo che la figlia si incontri e scambi la promessa di nozze con il pretendente, don Nicola Pacchesicco nella tradizione orale, e Tolle nella tradizione scritta. Don Nicola si presenta vestito di nero, con un libro in mano, dichiarandosi a volte abate e a volte studente in legge o dottore. Dal punto di vista storico Don Nicola esprime come studente una condizione di emarginazione che durò fino al 1800, ma rappresenta anche colui che sa scrivere e sa leggere. La maschera di dottore è tipica nelle mascherate del Carnevale perchè, nel rovesciamento dei valori, dice spropositi, fa morire gli ammalati e in molti casi opera il Carnevale moribondo, facendolo morire. Don Nicola, a una ennesima minaccia di Pulcinella, che lo caccia di casa avendolo sorpreso con sua figlia, ritorna armato di fucile e spara tra le gambe del suocero, che alla fine sarà costretto a dare il suo consenso alle nozze. [...] Nella canzone di Zeza Pulcinella è padre con tutte le negatività addossate al padre carnevalesco (geloso, vile, repressivo), ed è anche l’immagine del Carnevale stesso, al quale si fa il tradizionale funerale".
Ad Amalfi questo singolare e pittoresco funerale del Carnevale - condotto in ‘processione"’ in una cassa da morto scoperchiata mentre divorava spaghetti prendendoli con le mani da un pitale – ha avuto come protagonisti due mitici personaggi: Bordello e 'o Caporale.
Ora, ho già avuto modo di scriverlo,  il gusto del Carnevale è finito. Tutto avviene - sfilate, carri allegorici -  per motivi di richiamo turistico. Solo i bambini vivono  la giornata  con spontaneità e allegria. Evviva!
Il Carnevale, però, resta un'occasione ghiotta per i buongustai. Certo, non si allestiscono più banchetti di quaranta portate, come si usava una volta, ma si può essere sicuri che, in molte case,  trionferanno sulla mensa le specialità  tramandateci di generazione in generazione. Cito le squisite lasagne, condite con  robusto ragù di tracchiolelle, ecc. ecc. E poi le salsicce, le braciole arrotolate, le polpette (quelle con i pinoli e l'uva sultanina), la gelatina di maiale guarnita di foglie di lauro, uvetta e pinoli, i tortani di pane con la 'nzogna, cìculi e pepe.  Mi fermo qui: il sanguinaccio, dopo il divieto di adoperare il sangue di maiale, introdotto nel 1992, sopravvive nei ricordi, che si fanno sempre più lontani. Ma, ditemi, c'è un altro dolce, corposo e... sanguigno, in grado di prenderne il posto?

domenica 15 gennaio 2012

STEFANO BALDINI TESTIMONIAL DELLA “MARE MONTI” IN PROGRAMMA IL 5 FEBBRAIO

La tredicesima edizione della Mezza Maratona Internazionale Mare Monti, da Castellammare di Stabia a Sorrento, è in programma il 5 febbraio prossimo. La gara, sulla distanza di 21 km, porterà in penisola sorrentina circa 3000 atleti provenienti dalla Campania ma soprattutto da altre regioni d'Italia e dall'estero. Per la particolare bellezza del percorso, che si affaccia sullo spettacolare scenario del Golfo di Napoli, e per la perfetta organizzazione, a cura della Mediterraneo Eventi di Andrea Fontanella, rientra certamente tra gli eventi più attesi del panorama podistico internazionale. 
Testimonial della manifestazione sarà Stefano Baldini. Il campione olimpico parteciperà alle iniziative collaterali in tutto il week-end.
Tra gli eventi collaterali alla Mare Monti”, da segnalare il convegno su “Dieta Mediterranea e sport, una scelta vincente” a cura di Penisolaverde, che si terrà sabato 4 febbraio, alle 17, nella sala consiliare del Comune di Sorrento. Vi parteciperanno, col sindaco Giuseppe Cuomo: Vito Amendolara, consigliere della Regione Campania con delega all'Agricoltura e Pesca; Sandro Del Naia, presidente della Fidal Campania. Le relazioni saranno svolte da Alfonso Siani e Gianvincenzo Barba del CNR -  Istituto di Scienze per l'Alimentazione di Avellino, e da Stefano Pisani, sindaco di Pollica (la ‘patria’ della dieta mediterranea).  Chiuderà i lavori l'intervento di Stefano Baldini sull'applicazione del modello Dieta Mediterranea’ nei periodi di preparazione e recupero.